Riflettendomi rifletto

Sono giorni che rifletto, come mi ha chiesto lo psicanalista. Riflettere, per me, è aprire i recettori verso il mondo. Del resto anche il verbo riflettere non implica un guardare dentro, ma un guardare fuori. Riflettersi è cogliere un’immagine di sé che proviene dall’esterno, riflettere è restituire al mondo l’immagine di ciò che esso ci da.

Riflettendomi rifletto.

Ho sempre avuto una mente, uno spirito e un cuore osmotici. Grazie a ciò ce l’ho sempre fatta -nonostante tutto- e per colpa di ciò ho sempre sofferto come un cane scuoiato. Un dono, una maledizione. Questa analisi decido io a cosa serve e serve a trovare la me che si è incagliata chissà dove, e poi a tararla in modo da saper usare questa membrana osmotica.

Ho letto un libro: Giulietta Prega Senza Nome, di Elena Torresani. E’ una blogger e si vede dallo stile. Forse per questo ho divorato duecento pagine in quattro ore, o loro hanno divorato me.  Credo che, se avessi avuto una figlia femmina, glie lo avrei fatto leggere. Però ho una figlioccia quasi diciottenne e glie lo regalerò. Questo racconto ha toccato nervi scoperti, ho sottolineato con violenza, con la mia matita rossa e blu, e ho pianto in continuazione e a singhiozzi.

Ogni donna che arriva zitella alla mia età dovrebbe imparare a liberarsi delle aspettative sociali che la frustrano nell’intimo. Quando ho aperto questo blog, quattro anni fa, avevo iniziato questo percorso.

Avevo appena iniziato ad accettare il fatto che non per tutti c’è un destino fatto di amore totale, compagno o marito, figli. Avevo appena iniziato ed è arrivato l’amore. Che non è stato Il Grande Amore, ma un grande amore sì e, soprattutto, è stato vero. E ha cambiato tutto.

E adesso ho capito che io  non potrò mai rassegnarmi all’idea della solitudine, non perché sia un’aspettativa sociale che mi grava dentro ma perché non sono fatta per restare a metà. Non è la mia natura. L’amore non mi appartiene, non lo posseggo, piuttosto mi possiede. Ma so amare e voglio essere amata. E’ una delle poche certezze. Questo non posso e non voglio resettarlo. Questa è la mia ferita che non si chiude. E per ricordarmelo c’è voluto l’Anno Uno.

Questa analisi voglio che serva a farla sanguinare meno. E magari un giorno mi accontenterò anche di un amore tiepido, quando troverò un canale di sfogo per la mia irrequietezza.