Pelle

Non ho ancora mutato tutta la pelle, lo sento, c’è qualcosa che manca. Non so cosa sia, ma so che quando sarà finita si aprirà qualcosa di nuovo per me. Non sarà una stagione, né un anno. Sarà la prima pagina bianca, la penna appena scartata, il sipario che si apre, il primo accordo di chitarra acustica.

Il pensiero che ferisce di più, l’incubo reale, è la solitudine ciclica, lo scivolare ogni volta in basso e dover rifare tutto dall’inizio.

Ma c’è una cosa di cui sono certa: questa volta conquisterò la casa base. E dopo la prima pagina, il primo tratto di penna, il drappo rosso e il primo accordo verranno altre pagine, saranno fiumi d’inchiostro blu, centinaia di passi a calcare la scena e mille altre canzoni.

La cosa curiosa però, è che questo pensiero non mi cura. Ha il valore di una zattera agguantata con l’ultimo scatto di reni, quello disperato. Non avrò nulla da festeggiare, né da esibire. Lo accoglierò come un dono, anche se credo di averlo meritato.

Avrò una strada, anche qualora fossi sola.

 

4 Risposte a “Pelle”

  1. Il sentiero si fa strada facendo, diceva Kafka. Che tanto scemo non era, eh! (Pure se si inventò la storia dello scarrafone a pancia in su…).
    La zattera non è mai solo una zattera, è la salvezza!

    1. E’ vero, una zattera è salvezza. E come ogni salvezza non si festeggia, si ringrazia solo per averla trovata.

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